Ricercatori della Rosalind Franklin University of Medicine and Science di Chicago, negli Usa, stanno sperimentando un “cerotto genetico” che potrebbe aiutare a prevenire la perdita di udito e vista nei soggetti affetti da sindrome di Usher. Lo studio pubblicato su Nature Medicine è stato condotto sugli animali e consiste in un piccolo frammento di materiale genetico che si “applica” sul gene mutato, in modo da garantire la produzione una proteina essenziale. I pazienti colpiti dalla sindrome di Usher presentano un difetto genetico che non consente una corretta produzione della proteina harmonin, indispensabile per la formazione delle cellule ciliate: ce ne sono 16 mila per orecchio e consentono agli impulsi meccanici causati dal suono di trasformarsi in impulsi elettrici elaborati dal cervello.

I risultati della sperimentazione americana sono definiti dai ricercatori “incoraggianti”. I ricercatori hanno iniettato una sequenza genetica , chiamata oligonucleotide antisenso (ASO), mirata a riparare i difetti nel gene USH1C, responsabile dalla mutazione di Tipo 1, una delle varianti in cui si manifesta la sindrome. I topi trattati con il “cerotto” non hanno avuto problemi di udito e di equilibrio per i primi due mesi, dal sesto mese la percezione acustica si è ridotta. Segno che la ricerca è ancora allo stadio iniziale, ma ha consentito agli scienziati di raggiungere un traguardo importante. Il “cerotto” andrebbe “applicato” al Dna nei primi 10-13 giorni di vita, ma a differenza dei topi gli esseri umani si sviluppano nel grembo materno più a lungo. Questo forse richiederà un trattamento anticipato, quasi impossibile da mettere in pratica con le tecniche attuali. Per Michelle Hastings, una delle autrici della ricerca, “gli uomini rappresentano il prossimo ostacolo della sperimentazione”, ma quello che si è scoperto “è davvero promettente”.  La sindrome di Usher è una malattia genetica rara che si manifesta con diversi livelli di gravità. Ne sono classificati tre sottotipi principali, con esordio dei sintomi diversi. Nella maggior parte dei casi la sordità si presenta subito nel neonato, spesso associata a retinite pigmentosa, che riduce progressivamente il campo visivo. Colpisce circa 3-5 soggetti ogni 100 mila persone. Alcuni dei bambini che ne sono affetti hanno anche difficoltà a camminare, a causa dei difetti presenti nel sistema vestibolare. Al momento non esiste una cura e gli esami sul Dna prenatale vengono eseguiti solo se si sospetta che i genitori siano portatori della mutazione. Una condizione difficilissima da prevedere. La Sindrome di Usher è, infatti, una malattia ereditaria autosomica recessiva. I genitori delle persone che ne sono affette non presentano la malattia, ma sono portatori di uno stesso gene mutato: i genitori portatori dello stesso gene mutato hanno il 25% delle possibilità di avere un figlio affetto da malattia, il 25% di avere un figlio sano, il 50% di avere un figlio portatore. Per questo il futuro è nelle mani della ricerca, che sta tentando la strada di una terapia genica complicata dalla dimensione dell’attività dei geni implicati, che codificano proteine molto articolate.

di Cosimo Colasanto

 

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