Neutralizzare i responsabili dell’Alzheimer prima che questi provochino un danno neuronale irreversibile: è questa la speranza che si fa strada con la scoperta dell’anticorpo A13, sviluppato all’EBRI (European Brain Research Institute).

L’anticorpo consente di ringiovanire il cervello perché è capace di favorire la nascita di nuovi neuroni e di contrastare i difetti che accompagnano le fasi precoci della malattia di Alzheimer. La neurogenesi, infatti, nella prima fase della malattia si riduce a causa dell’accumulo nelle cellule staminali del cervello di aggregati altamente tossici della proteina beta Amiloide, chiamati A-beta oligomeri. Il team è riuscito a neutralizzare gli A-beta oligomeri nel cervello di un topo malato di Alzheimer introducendo l’anticorpo A13 all’interno delle cellule staminali del cervello, riattivando la nascita di nuovi neuroni e provocando così un effetto di ringiovanimento del cervello. I ricercatori hanno dimostrato che la strategia messa a punto consente di recuperare l’80% dei difetti causati dalla patologia nella fase iniziale.

Lo studio, interamente italiano, coordinato da Antonino Cattaneo e condotto da Giovanni Meli e Raffaella Scardigli presso la Fondazione EBRI Rita Levi-Montalcini, in collaborazione con il CNR, la Scuola Normale Superiore e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tre, è stato pubblicato di recente sulla rivista Cell Death and Differentiation (https://www.nature.com/articles/s41418-019-0409-3).

Come spiegano i ricercatori  “L’importanza di questa ricerca è duplice: da un lato – spiegano Giovanni Meli e Raffaella Scardigli – dimostriamo che la diminuzione di neurogenesi anticipa i segni patologici tipici dell’Alzheimer, e potrebbe quindi contribuire ad individuare tempestivamente l’insorgenza della malattia in una fase molto precoce; dall’altro, abbiamo anche osservato in vivo, nel cervello del topo, l’efficacia del nostro anticorpo nel neutralizzare gli A-beta oligomeri proprio all’interno dei neuroni”.

Questa ricerca pone dunque le basi per lo sviluppo di nuove strategie utili per la diagnosi e la terapia di questa malattia neurodegenerativa. “Riuscire a monitorare la neurogenesi nella popolazione adulta offrirà in futuro un potenziale strumento diagnostico per segnalare l’insorgenza dell’Alzheimer in uno stadio ancora molto precoce, cioè quando la malattia è clinicamente pre-sintomatica. Inoltre – conclude Cattaneo – l’utilizzo terapeutico dell’anticorpo A13 permetterà di neutralizzare gli A-beta oligomeri dentro i neuroni, laddove si formano per la prima volta, colpendo così l’evento più precoce possibile nell’evoluzione della patologia”.

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