Chiunque abbia mangiato pesce non fresco o pesce in scatola può averla sperimentata: è la sindrome sgombroide, intossicazione alimentare dovuta alla contaminazione da istamina. Un effetto che può essere prevenuto grazie ai test in laboratorio, che però richiedono tempi piuttosto lunghi e che prevedono, tra l’altro, anche l’uso di sostanze chimiche dannose per l’ambiente.

In futuro, grazie a una recente ricerca sviluppata dal Sensing Technologies Lab della Libera Università di Bolzano, i test potrebbero essere molto più veloci ed economici.
Questo grazie al lavoro dell’ingegnere chimico Shkodra Bajramshahe. La scienziata di origine kosovara, da novembre 2018 impegnata nel programma di dottorato internazionale in Food Engineering and Biotechnology (Scienze e Tecnologie alimentari e Biotecnologie, ndt.) dell’Unibz, è riuscita a sviluppare un sensore che permetterà di testare la contaminazione da istamina in modo semplice ed economico.

I sensori sono dappertutto: negli smartphone e nelle automobili, negli impianti di produzione o nella gestione degli edifici. Sono parte integrante della nostra vita quotidiana e l’obiettivo dei ricercatori del Sensing Technologies Lab dell’università bolzanina è scoprire un utilizzo innovativo di queste tecnologie di ultima generazione per esplorare nuovi campi di applicazione della misurazione su un’ampia gamma di valori fisici o chimici. Il team di ricerca del laboratorio – composto da fisici, ingegneri, chimici, biotecnologi ed esperti di scienze e tecnologie alimentari – è specializzato soprattutto nella ricerca sui sensori stampati che possono essere prodotti in modo economico e flessibile utilizzando speciali inchiostri conduttivi.

Uno dei progetti attualmente in corso è relativo agli immunosensori per rilevare rapidamente e facilmente l’eccessivo contenuto di istamina senza ricorrere ai test di laboratorio. L’approccio del team consiste nell’impiego di sensori stampati con inchiostro all’argento o cloruro d’argento e rivestiti di anticorpi istaminici. La reazione tra questi anticorpi e l’istamina contenuta nel pesce viene convertita in un segnale elettrochimico. La ricerca non ha ancora prodotto sensori pronti per il mercato ma la comunità scientifica ha apprezzato la scoperta.

«Per poter utilizzare effettivamente i sensori negli impianti di trasformazione alimentare, è necessario realizzare anche un sistema portabile che traduca i segnali in valori concreti di istamina», sottolinea Bajramshahe. Una volta che questo sarà stato sviluppato, l’industria avrà a disposizione uno strumento a basso costo che potrà essere utilizzato da personale non specializzato per effettuare misurazioni di qualità direttamente sul prodotto alimentare.

Fonte: www.altoadigeinnovazione.it

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