Un team di ricerca internazionale, fra Stati Uniti e Hong Kong, per un risultato eccezionale: un nuovo “occhio bionico” che imita, per forma e per funzione, l’occhio umano. Per farlo, l’organo sintetico usa una complessa rete di sensori capaci di replicare (quasi) fedelmente la funzione dei fotorecettori dell’occhio umano.

Una sfida decisamente avvincente, quella di realizzare un occhio sintetico con una forma sferica e con un funzionamento simile a quello della retina dell’occhio biologico: eppure, come rivela lo studio apparso su Nature, una sfida apparentemente vinta.

I ricercatori che firmano l’articolo sono riusciti nell’intento di realizzare un occhio elettrochimico dotato di una retina emisferica inglobata in un guscio di alluminio. Realizzata con una matrice di nanofili di perovskite ad alta densità, la struttura replica con buona verosimiglianza quella dei fotorecettori biologici. All’interno dell’occhio bionico anche una camera riempita con un liquido ionico paragonabile all’umor vitreo degli occhi biologici, che facilita le reazioni elettrochimiche di nanofili.

Una intricata serie di sensori è poi responsabile della cattura delle immagini che dovrebbero essere trasmesse al cervello, anche se il successo di questo passaggio non è ancora dimostrabile perché il dispositivo per il momento non è stato testato su un essere vivente. A mancare è infatti un tassello fondamentale: un’interfaccia che faccia “parlare” il dispositivo e il cervello umano. Un ostacolo però che non basta a smorzare la speranza per quello che può essere considerato a tutti gli effetti un successo.

Creare un occhio dotato di fotorecettori artificiali con dimensioni più o meno paragonabili a quelle di un occhio umano fa infatti immaginare per un futuro non troppo lontano che un dispositivo del genere possa poi essere facilmente impiantato in un essere umano. Anche se la strada che porta alla completa realizzazione del sogno presenta ancora qualche sfida.

Attualmente infatti, i sensori sulla retina artificiale dell’occhio bionico permettono una visione massima di 100° (mentre un occhio umano arriva fino a 160°) e riprendono immagini a bassa risoluzione, al massimo di 10 x 10 pixel, che consente però di capire la lettera di un alfabeto.

Immagini più complesse e risoluzioni migliori richiedono una densità maggiore di sensori: un aspetto su cui gli scienziati sono già al lavoro e che sperano di risolvere a breve grazie ai rapidi avanzamenti del settore.

Fonte: www.nature.com

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