Una nuova interfaccia per connettere in tempo reale nervi periferici e protesi: è l’incoraggiante risultato di una recente sperimentazione condotta dall’Università del Michigan i cui risultati sono stati pubblicati su Science Translation Medicine.

Creare una protesi per gli arti superiori è un’impresa complessa, soprattutto quando si tratta di neuroprotesi, quelle controllabili col pensiero. Le braccia bioniche di questo tipo necessitano di segnali nervosi forti e stabili che spesso vengono cercati direttamente alla fonte, nel cervello, una procedura rischiosa e invasiva.

Ma a maggio la rivista Science Translation Medicine ha pubblicato lo studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università del Michigan su un’interfaccia nervosa periferica rigenerativa (RPNI) che consentirebbe il controllo in tempo reale di una mano artificiale mediante dispositivi neuroprotesici che forniscono una sensazione di feedback tattile.

I nervi periferici forniscono una promettente fonte di segnali di controllo motorio per dispositivi neuroprotesici. Sfortunatamente, l’utilità clinica delle attuali interfacce nervose periferiche è limitata dall’ampiezza e dalla stabilità del segnale. Ma i ricercatori dell’università statunitense , diretti da Cindy Chestek, hanno dimostrato che l’interfaccia del nervo periferico rigenerativo (RPNI) può fungere da bioamplificatore biologicamente stabile con potenziali effettivi di azione motoria e stabilità a lungo termine. Usando i segnali RPNI i soggetti impegnati nello studio hanno controllato con successo una protesi della mano in tempo reale fino a 300 giorni senza ricalibrazione dell’algoritmo di controllo.

Lo studio ha inoltre dimostrato che gli elettrodi che stimolano i nervi periferici forniscono ai pazienti il senso del tatto e della pressione quando utilizzano la protesi dell’arto superiore. Utilizzando la Mobius Bionics LUKE arm – questo il nome della protesi – i partecipanti hanno potuto muovere fluidamente le dita artificiali, prendere oggetti sferici e giocare a sasso-carta-forbice. La precisione e potenza del segnale non sono state rilevate solo dagli utilizzatori dell’arto bionico. “Abbiamo visto il voltaggio più alto registrato da un nervo rispetto ai risultati precedenti” ha infatti sottolineato la co-leader dello studio. Il voltaggio è stato infatti dell’ordine di millivolt, ampiamente superiori ai 5 o 50 microvolt precedenti.

Secondo la ricercatrice, questo studio apre nuove possibilità all’utilizzo di protesi per gli arti superiori. L’approccio permette infatti l’applicazione di numerose conoscenze pregresse nei campi degli algoritmi d’apprendimento delle macchine e della trasmissione nervosa. Ecco perché il team di ricerca della Michigan non si accontenta di una protesi quasi perfetta: l’università è già alla ricerca di volontari per ulteriori test e mira a protesi che riproducano i movimenti di un braccio reale che simulino in tutto e per tutto quelli di un braccio in carne ed ossa.

 

Fonte: stm.sciencemag.org

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