Come tutti sanno la trasmissione di dati all’interno delle cellule sfrutta il DNA, e ad esso si è sempre guardato anche come mezzo per l’invio di informazioni “pilotate” da una cellula all’altra.
Ma la recente scoperta di un team di ricerca della Columbia University di New York City getta nuova luce sulle modalità di trasmissione dei dati da un organismo all’altro.

I ricercatori, che hanno basato i loro esperimenti sui batteri Escherichia coli, hanno infatti dimostrato che utilizzando un sistema di adattamento è possibile codificare dati binari in unità a 3 bit, inviandoli così alle cellule batteriche mediante stimolazione elettrica. In questo modo è possibile codificare dati multiplex in popolazioni di cellule per ottenere la memorizzazione di informazioni che poi saranno stabilmente mantenute anche per molte generazioni.

Mentre dunque fino ad oggi la stragrande maggioranza degli approcci di archiviazione dei dati basati sul DNA si è basato sulla sintesi del DNA in vitro, questo lavoro stabilisce un quadro di archiviazione diretta dei dati da digitale a biologico e migliora le opportunità di scambio di informazioni tra entità biologiche ed entità basate su silicio e carbonio.

Come dimostra lo studio, infatti, sottoponendo i batteri a delle piccole scale elettriche, essi modificano i propri modelli genomici. In sostanza i ricercatori possono attivare o disattivare due diversi modelli genomici, uno con “l’elettricità accesa” ed uno con “l’elettricità spenta”. In questo modo, con precise sequenze di scosse elettriche si possono assegnare a ciascuna sequenza una lettera dell’alfabeto, oppure un numero o qualsiasi altro carattere esistente e così trasmettere una grande varietà di informazioni.

Ma l’aspetto più promettente della scoperta è che i batteri possono trasmettere il loro profilo genomico, e quindi i loro “dati”, ai discendenti. I dati vengono dunque “copiati” di generazione in generazione. Inoltre i ricercatori hanno osservato che gli stessi dati e quindi i messaggi possono essere letti anche quando l’Escherichia coli veniva mescolato con altre specie batteriche, come potrebbe accadere in natura.

Potremmo dunque essere di fronte a una nuova modalità di archiviazione dei dati digitali direttamente nei genomi delle cellule dei batteri viventi.

Fonte: www.nature.com

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