L’essere umano legge esattamente nello stesso modo in cui lo fanno babbuini e piccioni… Lo hanno scoperto i ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste. Lo studio, pubblicato su Current Biology, potrebbe risvolti importanti anche per l’intelligenza artificiale.

«Il linguaggio scritto è stato inventato circa 5.000 anni fa, non c’è stato abbastanza tempo in termini evolutivi per sviluppare un sistema ad hoc. – spiegano i ricercatori Yamil Vidal e Davide Crepaldi – Ciò nonostante, negli adulti una parte della corteccia sembrerebbe essere specializzata nella lettura: quando abbiamo un testo davanti agli occhi, una parte specifica del cervello, il giro fusiforme sinistro, si attiva per eseguire il compito. Questa stessa area è implicata nel riconoscimento visivo degli oggetti, e in particolare delle facce».

Del resto ci sono animali come i babbuini che possono imparare a riconoscere visivamente le parole, e questo indica che dietro questo processo ci sia un sistema di rielaborazione che non è specifico per il linguaggio, ma che è stato riciclato per la lettura quando gli umani si sono alfabetizzati.

Infatti dal momento che i sistemi di scrittura sono un’invenzione relativamente nuova (poco più di 5 mila anni ), non avrebbero potuto influenzare l’evoluzione della nostra specie. Invece, la lettura potrebbe riciclare i meccanismi evolutivi più antichi che originariamente supportavano altri compiti e hanno preceduto l’emergere del linguaggio scritto.

Ecco perché babbuini e piccioni possono essere addestrati a distinguere le parole dalle non parole in base alle regolarità ortografiche nella co-occorrenza delle lettere. Ciò suggerisce che parte di ciò che è solitamente considerato elaborazione specifica della lettura potrebbe essere una pratica eseguita sulla base di meccanismi visivi generali. Se fosse così e quindi il sistema di lettura si basasse su meccanismi visivi generali, alcuni degli effetti prodotti nel nostro cervello in presenza di materiale ortografico dovrebbero essere osservabili anche con stimoli visivi non ortografici.

Per dimostrarlo, il gruppo di ricerca ha eseguito tre esperimenti utilizzando lo stesso identico disegno ma con stimoli visivi che via via progressivamente più distanti dalle vere parole. I partecipanti hanno mostrato una forte sensibilità al riproporsi di alcune caratteristiche grafiche (simboli simili a lettere, ma anche con oggetti 3D e reticoli sinusoidali).

Ciò suggerisce che i meccanismi di elaborazione coinvolti nel riconoscimento visivo di nuove parole supportano anche il riconoscimento di altri nuovi oggetti visivi. Questi meccanismi consentirebbero al sistema visivo di catturare le regolarità statistiche nell’ambiente visivo. Cosa significa? Che l’intelligenza artificiale potrebbe essere educata a “leggere” nello stesso modo in cui leggono gli esseri umani.

Fonte: www.cell.com

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