Fin dai primi anni di scuola a tutti viene insegnato a scrivere a mano: farlo diventa perciò un’attività capace di attivare la rete neurale in un modo del tutto peculiare. È seguendo questa intuizione che Francis Willett, della Stanford University (California, USA), insieme ad alcuni colleghi di altri istituti di ricerca statunitensi, è riuscito a realizzare un dispositivo che consente alle persone colpite da paralisi di scrivere con il pensiero.

Lo studio, pubblicato su Nature, è nato per superare le limitazioni presenti nelle tecnologie sviluppate finora, come ad esempio i riconoscitori vocali e i dispositivi di tracciamento dei movimenti oculari, capaci di assicurare una velocità di scrittura non superiore alla metà di quella raggiungibile da persone normodotate.

Nel tentativo di abbattere questa barriera, i ricercatori statunitensi hanno dunque sviluppato un nuovo dispositivo, che hanno poi collegato ad un insieme di elettrodi impiantati nella corteccia cerebrale di un soggetto che, a causa di una lesione del midollo spinale, aveva perso la capacità di effettuare movimenti al di sotto del collo. Mentre il soggetto immaginava di scrivere a mano le lettere dell’alfabeto, gli elettrodi impiantati hanno rilevato e misurato l’attività dei molti neuroni coinvolti in questo compito. A questo punto, l’enorme insieme di dati ottenuti è stato elaborato da un sistema di apprendimento automatico – chiamato “rete neurale ricorrente” (recurrent neural network) – con lo scopo d’identificare gli schemi di attività associati alla scrittura immaginaria di ciascuna lettera.

Dopo molte sessioni di addestramento, i dati così elaborati sono stati trattati con un algoritmo per riuscire a prevedere le lettere immaginate dal soggetto e, quindi, tradurle in comandi indirizzati a un programma di scrittura su un computer. L’algoritmo ha dimostrato una capacità di riconoscimento davvero impressionante: ben il 94,1% delle lettere sono infatti state scritte correttamente; associando poi l’azione di un correttore automatico il sistema è arrivato al 99,1% di lettere corrette.

In questo modo, il soggetto che ha partecipato allo studio è riuscito ad elaborate testi con una velocità di circa 90 caratteri (o 18 parole) al minuto, vale a dire poco meno delle circa 23 parole al minuto che le persone normodotate possono produrre su uno smartphone.

«Il cervello conserva la sua capacità di prescrivere movimenti fini per oltre un decennio dopo che il corpo ha perso la sua capacità di eseguire quei movimenti. – Ha sottolineato Willet – E abbiamo imparato che movimenti complicati che coinvolgono velocità variabili e traiettorie curve, come la scrittura a mano, possono essere interpretati più facilmente e più rapidamente dagli algoritmi di intelligenza artificiale rispetto a movimenti più semplici come muovere un cursore in un percorso rettilineo a velocità costante. Le lettere alfabetiche sono diverse l’una dall’altra, quindi sono più facili da distinguere.»

 

Fonte: Nature

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