Temperature superiori alla norma, inquinamento luminoso, micro-plastiche: sono tante le minacce che il mare Artico – e con lui il nostro pianeta – è costretto ad affrontare. Eppure, forse, una buona notizia c’è: è di recente pubblicazione, infatti, uno studio proposto su Applied and Environmental Microbiology, rivista dell’American Society for Microbiology, che spiega come alcuni batteri marini, presenti nelle acque dell’Artico canadese, siano in grado di nutrirsi di petrolio e diesel, contribuendo così al biorisanamento dell’Artico.

Hanno dei nomi non propriamente amichevoli, ma i batteri Paraperlucidibaca, Cycloclasticus e Zhongshania, come spiega la ricerca, possono essere dei grandi alleati per la bonifica.

«Il sequenziamento genomico ha rivelato un potenziale inaspettato di bioremediazione di idrocarburi in lignaggi di batteri» – ha spiegato uno dei co-autori della ricerca, il Professore Associato di Geomicrobiologia Casey Hubert, dell’Università di Calgary. Lo studio ha illustrato la funzione di biodegradazione degli idrocarburi in condizioni di bassa temperatura nel caso della fornitura di sostanze nutritive.

Simulando la temperatura delle acque del Mare del Labrador, a 4° gradi, infatti, le colture di batteri, nutrite con “emendamenti nutrizionali” e idrocarburi, hanno iniziato a consumare gli idrocarburi presenti nel loro ambiente.

Lo studio proietta un fascio di speranza sulla situazione di un territorio impervio, ma che tuttavia dà rifugio e riparo a diverse popolazioni indigene che dalle acque dell’Artico canadese traggono la loro sussistenza. Qui, dove l’industrializzazione si fa sempre più invadente, incrementando soprattutto le attività nel settore petrolifero e in generale del comparto idrocarburi, è importante arrestare il processo di degradazione ambientale quanto prima. È per questo che ASM, l’American Society for Microbiology, società che raggruppa più di 30.000 scienziati, si è posta l’ambizioso obiettivo di garantire al più presto progressi nel campo delle scienze microbiotiche. Proprio per contrastare le più terribili conseguenze ambientali dell’inquinamento.

 

Fonte: ASM Journals

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