L’uomo ha da sempre comunicato con i suoi simili secondo diverse modalità: ha iniziato con i gesti e suoni, fino ad arrivare alla scrittura e al linguaggio verbale. Quest’ultimo però non è sempre accessibile a chiunque, basti pensare a tutti coloro che soffrono di sordità congenita o acquisita, a cui è preclusa la possibilità di ascolto con l’udito e talvolta anche la possibilità di esprimersi con la propria voce.

Durante i secoli, quindi, queste persone hanno iniziato a utilizzare segni (gesti) o un tipo di comunicazione visiva per comunicare tra loro e con gli altri.
Questo tipo di sistema di comunicazione si chiama Lingua dei Segni, ossia una lingua che veicola il suo significato tramite una codificazione di segni delle mani, espressioni visive e movimenti del corpo.

Solitamente a ogni lingua verbale propria corrisponde una lingua dei segni specifica.

 

Come nasce la Lingua dei Segni?

 

Si crede che la comunicazione visiva dei sordi sia praticata sin dai tempi antichi, ma non vi sono notizie certe e quelle che si sono reperite nei secoli sono sconnesse tra loro.

Una datazione più sicura risale al XVIII secolo, in Francia, grazie all’abate Charles-Michel de l’Épée, fondatore della Scuola di Parigi per Sordi, che utilizzò questo metodo con i suoi studenti, sia per la parte scritta che quella parlata, inventando segni specifici corrispondenti a elementi di grammatica e sintassi della lingua francese.
Un suo successore, Sicard, continuò la ricerca su questo tipo di comunicazione tanto che Thomas Hopkins Gallaudet, uno statunitense che studiò nella Scuola di Parigi per Sordi, rimase affascinato da questa nuova “lingua”, che imparò sulla nave durante il suo ritorno in patria. Appena sbarcato, iniziò a diffonderla nei nascenti istituti per sordi, il cui primo in assoluto si trovava ad Hartford, nel Connecticut. In questo modo, la Lingua dei Segni Francese, il cui acronimo è LSF, si mischiò con altri segni utilizzati dai sordi del luogo dando vita all’attuale Lingua dei Segni Americana (ASL), tanto che ad oggi le due lingue sono rimaste ancora molto simili.

Una storia a parte la ha avuta la lingua dei segni in Italia.

 

Lingua dei Segni Italiana: LIS

In Italia, la storia della lingua dei segni potrebbe risalire alla metà dell’Ottocento, ma venne ostacolata già nel 1880 durante la II Conferenza internazionale sull’educazione dei sordomuti a Milano, dove si espresse una preferenza orale della comunicazione. In sostanza, i sordomuti dovevano imparare il labiale delle parole che venivano dette.
Questo fu decisamente un passo indietro per la comunicazione dei sordomuti, privilegiando la parola a discapito dei gesti, che vennero banditi per l’insegnamento. Naturalmente non era più una forma consentita nelle scuole, ma fuori da questi ambienti, i gesti venivano ancora utilizzati dalle comunità di sordomuti.

L’Italia quindi arrivò molto tardi a una consapevolezza per l’autonomia e la definizione di un linguaggio proprio dei sordomuti. Un primo avvicinamento da parte del mondo accademico è avvenuto tra gli anni Sessanta e Settanta, quando soprattutto l’Istituto di Psicologia del CNR, noto oggi come Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (ISTC), se ne interessò proclamando che la LIS (Lingua Italiana dei Segni o più correttamente la Lingua dei Segni Italiana) era una vera e propria lingua.

Da lì presero il via numerose iniziative per richiedere pari diritti per questa lingua, inclusi la presenza di interpreti nelle occasioni pubbliche.

Soltanto l’anno scorso, ossia nel 2021, è arrivato finalmente il riconoscimento da parte dello Stato come una minoranza linguistica ufficiale italiana.

 

lingua dei segni italiana LIS

 

Come funziona la lingua dei segni e la sua importanza

 

La lingua dei segni, come ogni altra lingua, si differenzia dalle altre per fonologia, morfologia e sintassi.

Diversamente da una lingua parlata, però è composta da componenti manuali, che comprendono effettivamente una configurazione, una locazione, un movimento e un orientamento ben precisi, e da componenti non manuali, che racchiudono lo sguardo, l’espressione del viso, il gesto labiale e il busto.

In generale, la lingua dei segni non viene definita una lingua sociale, bensì un’espressione naturale di una specifica comunità relativa ai sordomuti.
Per ricordare, promuovere e proteggere le più di 200 lingue diverse dei segni presenti al mondo, le Nazioni Unite hanno proclamato la Giornata internazionale delle Lingue dei Segni, che ricorre ogni anno il 23 settembre.

Una lingua dei segni viene considerata come una pari opportunità di accesso alla comunicazione da parte dei sordi, che purtroppo non hanno capacità di essere fluidi in una lingua parlata come gli udenti. Attraverso gesti, mimiche e altri meccanismi tipici di una lingua dei segni, i sordomuti possono invece esprimersi in modo spontaneo e naturale, dando la possibilità inoltre ai bambini di sviluppare abilità linguistiche e intellettive.

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